Ti ho preso per mano

Ti ho preso per mano

Nel testo, una sorta di confessione finale di una vita spesa per la professione medica, si intrecciano due tematiche. La dedica “a mio fratello” testimonia il carattere dirompente del cambiamento avvenuto nella vita dell’autore con la nascita del fratello, Giorgio Paolo. Il fratello è «l’amico, il confidente, il protettore, l’eroe»; la cura assume toni di amore paterno, ossia rendere il fratello capace di muoversi con le proprie gambe, «avevo lavorato tutta la vita perché avesse fiducia in sé stesso».
In secondo luogo, la descrizione del mondo medico passa dalla laboriosità della ricerca scientifica all’attenzione sulla relazione medico paziente. Le regole gerarchiche si infrangono quando l’autore conosce e assume il ruolo di mentore per colui che sarà l’erede della sua prestigiosa carriera. Infine, la cura della salute comporta anche la capacità di sostenere i propri cari nella sofferenza fino all’estremo saluto, «in un secondo mi passò davanti agli occhi il film della mia vita con lui», pensa l’autore alla morte del padre.
Spesso il testo si arricchisce con riflessioni a margine rientrato, l’interrogarsi con la propria coscienza, il confrontarsi con le proprie emozioni.
Il Riccardo che scrive “Ti ho preso per mano” ha una minuziosa memoria di dialoghi, di eventi, di persone che offrono al lettore una presa diretta dentro una famiglia dell’alta borghesia torinese del Secondo dopoguerra, fino ai giorni nostri.

Autore: Riccardo Callori

Casa editrice: Edizioni Mille

Maggiori informazioni