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Filosofia a colori - Fulvio Mazzoleni

Intervista a Dulco Mazzoleni

Dulco Mazzoleni non è l’autore di un normale compendio di filosofia: se avete in mente lunghe pagine grigie, capitoli e titoli e schemi riassuntivi a margine, ecco siete proprio sulla cattiva strada.

Filosofia a colori, edito da Bookabook e in libreria da 4 aprile, è quasi una graphic novel in cui ogni filosofo racconta sé stesso e il proprio pensiero. Un lavoro immane, pensato per i ragazzi del liceo ma non solo. Abbiamo incontrato l’autore per fargli qualche domanda e ci siamo davvero divertiti a parlare con lui.

Ciao Dulco, piacere di conoscerti: sei il prof di filosofia che tutti avremmo voluto avere al liceo! Da cosa è nata l’esigenza di scrivere, anzi creare, questo libro?

Sono insegnante di filosofia nella scuola superiore, quindi l’esigenza primaria è stata quella di dotarmi di uno strumento sintetico ed efficace che mi permettesse di avere uno sguardo panoramico sui poco meno di 3000 anni di storia del pensiero dell’Occidente, per poter poi muovermi a balzi sulla linea del tempo e fare con i miei studenti un po’ di Filosofia Teoretica (produzione di pensiero). 

Oltre a ciò, ho voluto stimolare la memoria visiva attraverso forme e colori, per compensare sperimentalmente le difficoltà dell’apprendimento che in questi anni diversi studenti stanno sviluppando, soprattutto nel trattenere le informazioni. 

Il libro, quindi, funziona come una mappa per orientarsi nel labirinto delle visioni di uomo e di mondo della storia. 

È un’introduzione “popular”, chiara e sintetica, a un mondo che si è sempre presentato come un territorio esclusivo e forse anche elitario. Solo alla fine del lavoro ho capito che risultava uno strumento utile anche per chi non conosce la filosofia. Un’opera pop funzionale ai curiosi e non un manuale scolastico, questo era ciò a cui volevo rassomigliasse.

La passione per la filosofia invece da dove nasce?

Mi sono appassionato progressivamente. Dopo la maturità mi iscrissi a Fisica, attratto soprattutto dall’Astrofisica e dalla Fisica teorica, ma dopo due anni, ho capito che quella tipologia di studio non faceva per me. 

Sono entrato in crisi e, dopo aspre discussioni in famiglia, con moto d’orgoglio, ho iniziato ad autodeterminarmi. Risultato: mi sono trovato costretto a lavorare. Ho iniziato in ambito educativo. Ciò non mi ha impedito di iscrivermi a Filosofia, attratto dalla necessità di mettere ordine alle mie idee. Mi sono trovato in una situazione perfetta: lavoravo già, di conseguenza studiare è diventata una necessità del tutto personale, liberata dall’urgenza di formarmi per una professione specifica. 

Poiché la Filosofia è una disciplina sconfinata, ho temuto di perdermi, quindi ho strutturato il piano di studi in maniera lineare e progressiva. 

Ma ciò che mi ha fatto davvero la differenza e ha fatto quadrare in me il senso di questo percorso di studi, è stato entrare in tesi. A quel punto tutto ha preso forma: ho iniziato a capire davvero che valore avesse per me la Filosofia, che dota di strumenti che aiutano a cimentarsi nel definire, ordinare e orientare le rappresentazioni che ci facciamo del mondo e scegliere da che parte andare. 

Potrei dire che è stata un’esperienza dal carattere fortemente formativo se non a tratti terapeutico. Studiata bene, la Filosofia aiuta a stare al mondo, e ciò ha risposto a un mio bisogno. Ora non so se io sia in grado di stare al mondo, ma grazie anche alla Filosofia, ondeggio ma ho molto più equilibrio. 

Quali sono state le difficoltà incontrate durante gli anni di lavoro?

Lavorare a questo progetto mi ha impegnato in modo discontinuo per tre anni. Il quarto anno l’ho impiegato a rendere pubblico il tutto. 

Le difficoltà sono state molteplici. Studiare da capo la Storia della Filosofia, poi fare sintesi (uno degli strumenti razionali più difficili da utilizzare) e capire cosa trattenere, cosa tralasciare e come semplificare e definire i concetti in modo chiaro, sono state in assoluto il “pezzo grosso” del lavoro. 

Successivamente è stato difficile impostare la grafica, poiché il vincolo che mi sono dato è che tutto stesse in un’unica pagina e il contenuto era davvero molto. Complicato è stato anche codificare le cromie in modo ragionato e i simboli e le forme che potessero tradurre i concetti. 

Disegnare e scrivere sulle tavole è stata la parte più agile, viceversa colorare è risultato faticoso, vista la ricchezza di elementi presenti in ciascuna tavola. 

Il passo ulteriore, piuttosto frustrante, è stato trovare una via di pubblicazione. Di certo essere stato selezionato da Bookabook mi ha svoltato, ho scoperto un mondo dell’editoria alternativo che mi ha fatto uscire dal cono d’ombra schopenhaueriano. Alla fine, costanza e fatica hanno pagato.

Che tecniche hai usato?

Una buona bibliografia, le mie sintesi e gli schemi accumulati negli anni. Una risma di A4, matita, gomma, numerosi tratto pen neri e uno scanner per poter poi post produrre i colori al PC. Indossare sempre gli occhiali. Cercare occasioni di confronto con amici fidati a cui chiedere impressioni sull’efficacia del risultato e fare grandi camminate nel bosco per ossigenarmi. 

Le tavole sono fatte a matita su carta e ripassate con un pennarello nero a punta fine. Il disegno viene pulito e scannerizzato. La versione digitale in B/N, ben calibrata, è colorata in digitale. Le tavole originali sono quindi in B/N.

Ce ne sono mille di buoni motivi per studiare la filosofia: quali sono, secondo te, i più validi nel 2025?

Imparare a farsi domande, sapersi orientare, pensare con la propria testa, non essere servi del pensiero altrui, sono le pratiche che la filosofia esercita e invita a esercitare, che, a mio parere, diventano in ciascuno di noi più efficaci dopo essersi misurate con gli autorevoli pensatori della storia. Nel 2025 abbiamo vivissime questioni da comprendere, legate a diversi argomenti: al diritto per tutti, alla politica in relazione all’economia globalizzata, alla biosfera e al pensiero ecologico, alle nuove frontiere neuroscientifiche con le conseguenti innovazioni cibernetiche, alla bioetica e a cosa possa significare essere umani, alla comunicazione e all’informazione, e capire chi siamo e come dobbiamo scegliere e agire in questo complesso sistema imprevedibile. Insomma, credo che l’umanissimo bisogno di sapere sia un ottimo motivo per frequentare la Filosofia.

Il filosofo più ostico da capire, insegnare, disegnare e spiegare e perché…

Beh, la filosofia non si presenta come una comoda discesa. Ci si approccia come in montagna, con un tempo consono a sé e con determinazione, passo dopo passo, ogni tanto ci si ferma e si contempla, quando si arriva alla meta, si gode della fatica portata a termine e si riposa. La grande gioia è vedere quanto si estende l’orizzonte, si vede più lontano. I sentieri sono molteplici e così le vette. Col tempo ti accorgi che andare in montagna è bello e ti fa stare bene. Ecco, la filosofia mi fa questo effetto e mi pare abbia questa finalità: il bene.

Tra i più ostici da capire posso citare Aristotele, Leibniz, Kant, Hegel, Nietzsche, Heidegger, Wittgenstein, Derrida… 

Insegnare significa “imprimere segni nella mente”, non è un verbo che mi entusiasmi. A scuola non insegno filosofia, piuttosto racconto cronologicamente le visioni di uomo e di mondo di autorevoli pensatori, cercando di provocare nei miei studenti le reazioni necessarie perché esprimano la loro visione. A volte è un’impresa utopica, a volte non è semplice, ma quando accade, l’obiettivo è raggiunto e lì facciamo davvero Filosofia. Quando la classe parte con le domande, il sentiero è tracciato! 

A me interessa che si comprenda che vivere filosoficamente non è speculare di sole astrazioni e mondi trascendenti, ma far lavorare il cervello mentre si vive la vita, pensare per agire, agire pensando, interrogarsi per trovarsi ed essere presenti a se stessi, aiuta a essere presenti con gli altri. 

La tavola impossibile è stata quella di Kant, alla fine l’ho rifatta, più per la mole di contenuto che per il disegno. 

Il filosofo più amato dagli studenti nella tua carriera di insegnante e perché…

Piace molto Eraclito ed Epicuro in terza, i concetti di divenire, metamorfosi, trasformazione e il presente che fugge e anche poter parlare di come ci si possa sentire davanti alla morte; in quarta Leonardo e gli Illuministi, Da Vinci perché è una figura quasi epica che accompagna gli studenti dalla scuola primaria e gli Illuministi per la raggiunta consapevolezza della rivendicazione di libertà e l’idea di rivoluzione, sono temi di grandissimo interesse; l’ultimo anno è senza dubbio l’anno della coppia Schopenhauer-Nietzsche e dello svelamento delle grandi illusioni, dell’angoscia di Kierkegaard, ma soprattutto di Freud e la sessualità. 

Mi rammarico molto del fatto che nella programmazione scolastica Filosofia abbia un monte ore insufficiente per trattare di filosofi molto più vicini alla sensibilità e alle questioni contemporanee. 

Musica e filosofia: che rapporto hanno con la tua vita e come le concili?

Io me la spiego così: con la musica (e il disegno) mi esprimo, con la filosofia comprendo. Mi sembra un respiro: con la musica espiro, con la filosofia inspiro e mi faccio ispirare. Dai la cera, togli la cera. Usando categorie evocative, la musica è Dioniso, la filosofia Apollo: caos creativo e ordine razionale. Si conciliano come due facce della stessa medaglia, così come per analogia in Freud, Es e Superio abitano nell’Io, come a dire che in ciascuno di noi albergano follia e razionalità. Questo è ciò che sperimento in me. Aggiungo che per quanto riguarda la musica mi interessa soprattutto scrivere canzoni, trovo che il linguaggio poetico espanda quello logico-deduttivo nella comprensione emotiva e nella descrizione della complessità delle cose della vita. Dopotutto la ragione è una facoltà insufficiente per descrivere la contraddittorietà e la confusione dell’essere umano. L’inconscio, che ci determina, è soprattutto follia emotiva e illogica incoscienza che la ragione cerca di controllare.

Il tuo libro in 3 parole.

Una figata pazzesca!

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